Mrs. Hodgepile

Racconti

Mrs Hodgepile non ne poteva più di aspettare.
Aveva smesso di contare le volte in cui aveva sbirciato dalla finestra nell’ultima ora o aveva inutilmente sussultato per i rumori portati dal vento o per il crepitio dei ceppi che ardevano nel fuoco. Niente di tutto questo l’avrebbe aiutata a tollerare oltre l’attesa.
E non poteva che prendersela con se stessa.
Basta! – pensò, colpendo il tavolo con un pugno, come se avesse preso una decisione improvvisa.
Riattizzò la stufa e vi mise sopra una teiera di peltro colma d’acqua, poi andò in camera da letto, si avvicinò al settimino e, per un attimo, lo soppesò con lo sguardo.
Niente, in quella casa, lasciava presupporre che vi fossero nascoste grandi ricchezze, ma erano tempi bui lì nelle colonie e, da una razzia, nessuno si aspettava di guadagnarci più di qualche vasetto di miele o, se si era particolarmente fortunati, di qualche pecora da portar via.
La situazione era a dir poco esplosiva e ogni battibecco, giù al mercato, sfociava in una piccola rivolta.
Nossignore, la Boston del 1773 non era davvero un posto sicuro in cui vivere.
Senza contare il prezzo esorbitante a cui venivano venduti anche i beni di prima necessità.
Mrs Hodgepile, ma non solo lei, era convinta che fosse una questione di tempo prima che la situazione precipitasse.
Di nuovo.
E Dio solo sapeva quanto le fosse costato, anni addietro, lasciare la sua amata Edimburgo alla volta del Nuovo Mondo, dopo che la guerra aveva annientato la sua famiglia e tutti i loro possedimenti.
Solo due giorni prima, una banda di debosciati, che fossero lealisti o rivoluzionari poco importava, le erano piombati in casa cercando cibo e oggetti di valore.
Alla fine si erano portati via una capra, una botte di vino invecchiato, qualche barattolo di miele e quasi tutte le scorte di carne essiccata che erano riusciti a trovare.
Quel settimino che ora stava studiando con tanta attenzione sembrava davvero incollato al pavimento e i saccheggiatori avevano avuto troppa fretta di svignarsela per provare a spostarlo con più convinzione.
In quel momento, Mrs Hodgepile si sporse appena dietro il comò, azionò una piccola leva e con una mano sola fece scorrere il settimino di qualche passo.
Poi si inginocchio e rimosse alcune assi dal pavimento.
La vista del suo piccolo tesoro ebbe l’immediato potere di calmare i suoi nervi scossi.

C’era il servizio d’argento di sua nonna, avvolto in pochi stracci perché non si graffiasse.
C’era una botte di whisky invecchiato che sarebbe tornato utile in caso di emergenza (per scambiarlo o… beh… per berselo).
C’era una piccola cassa di tè nero.
Buon Dio, erano mesi che non trovava del tè decente al mercato. A meno di non pagarlo un delirio. La cassetta lì davanti a lei rappresentava un piccolo tesoro, ma era quasi sicura che non avrebbe potuto seguirla nella tomba.. e non c’erano certezze che quel momento non fosse ormai prossimo.
Inoltre, quella sembrava proprio un’emergenza, giusto?
Con l’animo appena alleggerito dal senso di colpa si chinò a prenderne una manciata, poi rimise tutto a posto: coprì i suoi tesori con cura, richiuse la cassa e risistemò le assi del pavimento. Con uno sforzo non da poco dovuto agli acciacchi dell’età, si tirò su e si risistemò le gonne. Da ultimo, con una leggera pacca, pure il settimino tornò al suo posto.
Quando Mrs Hodgpile tornò in cucina, nella teiera, le bolle stavano pigramente spostandosi verso l’alto.
Mise in infusione il tè; le piccole foglie essiccate, a contatto con l’acqua, riprendevano vita
sprigionando il loro aroma intenso.
A proposito di aroma… la cucina era ancora pervasa dal profumo pungente della cannella e della noce moscata.
E da quello dolce delle mele.
Incapace di trattenersi ancora, si avviò per un’ultima occhiata dalla finestra.
Nessuno. Ed era ormai quasi buio.
Con un sospiro rassegnato si avviò verso la credenza, tagliò per sè stessa una generosa fetta di torta di mele e si accovacciò accanto al camino.
Basta a ciascun giorno la sua pena! – pensò, rassegnata, mentre affondava il viso nella sua tazza di tè fumante.

Angela

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Mrs. Hodgepile

Mrs Hodgepile non ne poteva più di aspettare.

Aveva smesso di contare le volte in cui aveva sbirciato dalla finestra nell’ultima ora o aveva inutilmente sussultato per i rumori portati dal vento o per il crepitio dei ceppi che ardevano nel fuoco. Niente di tutto questo l’avrebbe aiutata a tollerare oltre l’attesa.
E non poteva che prendersela con se stessa.

Basta! – pensò, colpendo il tavolo con un pugno, come se avesse preso una decisione improvvisa.

Riattizzò la stufa e vi mise sopra una teiera di peltro colma d’acqua, poi andò in camera da letto, si avvicinò al settimino e, per un attimo, lo soppesò con lo sguardo.

Niente, in quella casa, lasciava presupporre che vi fossero nascoste grandi ricchezze, ma erano tempi bui lì nelle colonie e, da una razzia, nessuno si aspettava di guadagnarci più di qualche vasetto di miele o, se si era particolarmente fortunati, di qualche pecora da portar via.
La situazione era a dir poco esplosiva e ogni battibecco, giù al mercato, sfociava in una piccola rivolta.
Nossignore, la Boston del 1773 non era davvero un posto sicuro in cui vivere.
Senza contare il prezzo esorbitante a cui venivano venduti anche i beni di prima necessità.
Mrs Hodgepile, ma non solo lei, era convinta che fosse una questione di tempo prima che la situazione precipitasse.
Di nuovo.
E Dio solo sapeva quanto le fosse costato, anni addietro, lasciare la sua amata Edimburgo alla volta del Nuovo Mondo, dopo che la guerra aveva annientato la sua famiglia e tutti i loro possedimenti.
Solo due giorni prima, una banda di debosciati, che fossero lealisti o rivoluzionari poco importava, le erano piombati in casa cercando cibo e oggetti di valore.
Alla fine si erano portati via una capra, una botte di vino invecchiato, qualche barattolo di miele e quasi tutte le scorte di carne essiccata che erano riusciti a trovare.

Quel settimino che ora stava studiando con tanta attenzione sembrava davvero incollato al pavimento e i saccheggiatori avevano avuto troppa fretta di svignarsela per provare a spostarlo con più convinzione.
In quel momento, Mrs Hodgepile si sporse appena dietro il comò, azionò una piccola leva e con una mano sola fece scorrere il settimino di qualche passo.
Poi si inginocchio e rimosse alcune assi dal pavimento.

La vista del suo piccolo tesoro ebbe l’immediato potere di calmare i suoi nervi scossi.
C’era il servizio d’argento di sua nonna, avvolto in pochi stracci perché non si graffiasse.
C’era una botte di whisky invecchiato che sarebbe tornato utile in caso di emergenza (per scambiarlo o… beh… per berselo).
C’era una piccola cassa di tè nero.
Buon Dio, erano mesi che non trovava del tè decente al mercato. A meno di non pagarlo un delirio. La cassetta lì davanti a lei rappresentava un piccolo tesoro, ma era quasi sicura che non avrebbe potuto seguirla nella tomba.. e non c’erano certezze che quel momento non fosse ormai prossimo.
Inoltre, quella sembrava proprio un’emergenza, giusto?
Con l’animo appena alleggerito dal senso di colpa si chinò a prenderne una manciata, poi rimise tutto a posto: coprì i suoi tesori con cura, richiuse la cassa e risistemò le assi del pavimento. Con uno sforzo non da poco dovuto agli acciacchi dell’età, si tirò su e si risistemò le gonne. Da ultimo, con una leggera pacca, pure il settimino tornò al suo posto.

Quando Mrs Hodgpile tornò in cucina, nella teiera, le bolle stavano pigramente spostandosi verso l’alto.
Mise in infusione il tè; le piccole foglie essiccate, a contatto con l’acqua, riprendevano vita
sprigionando il loro aroma intenso.
A proposito di aroma… la cucina era ancora pervasa dal profumo pungente della cannella e della noce moscata.
E da quello dolce delle mele.
Incapace di trattenersi ancora, si avviò per un’ultima occhiata dalla finestra.
Nessuno. Ed era ormai quasi buio.
Con un sospiro rassegnato si avviò verso la credenza, tagliò per se stessa una generosa fetta di torta di mele e si accovacciò accanto al camino.
Basta a ciascun giorno la sua pena! – pensò, rassegnata, mentre affondava il viso nella sua tazza di tè fumante.

Angela